Il tema centrale del nuovo numero del nostro giornale è il lavoro in carcere.
Dovrebbe essere strumento di riscatto personale e sociale per il detenuto, ma solo un detenuto si cinque lavora e per una “mercede” misera. Per i più il tempo della detenzione è trascorso in un ozio involontario e forzato. Letteralmente “tempo perso”.
C’è una intervista alla Dottoressa Rosa Alba Casella, da pochi mesi direttrice della Casa Circondariale di Modena, che racconta le difficoltà maggiori che incontra nello svolgimento del suo lavoro. Sono legate soprattutto alla mancanza di personale e di fondi che limitano fortemente le attività trattamentali.
Ci sono i dati del lavoro dentro al carcere di S. Anna.
La parola raccontata, come al solito da “dentro” e da “fuori”, è lavoro.
Vengono poste una accanto all’altra le buone intenzioni delle leggi e delle istituzioni e la realtà, circa il tema del lavoro in carcere. Si rimane sconcertati nel constatare la distanza (veramente incolmabile?) tra le due.
Come al solito si dà voce ai detenuti, alle loro richieste, ai sentimenti espressi con poesie e disegni. Emerge questa volta con particolare drammaticità il problema della vita affettiva e quello dell’esercizio della libertà religiosa.